Non smettere di sognare

Avete presente quel sogno che avevate da bambini? Quello che, per qualche ragione, avete dovuto abbandonare “crescendo”?

Beh, io da un mese a questa parte sto vivendo il mio sogno. Mi alzo la mattina con un sorriso stampato in faccia e quando torno a casa dopo circa 10 ore tra lavoro e spostamenti vari sono ancora più felice.

Mi sono sentito solo per tanto tempo. A volte pensando di essere pazzo. Di avere dei sogni assurdi. Che non porteranno a niente.  Che devo mettermi la testa in pace e cominciare a fare qualcosa di concreto, di cercare il posto fisso, i concorsi pubblici, semplicemente, di accettare le cose come sono qui, oggi, in questo paese dove sono nato.

Ma non ci riesco. Non riesco ad abbandonare quello che considero la mia vocazione. Quel qualcosa dentro di me che mi è valso innumerevoli soprannomi – più o meno – affettuosi: San Francesco, Gandhi, Super Eroe; i più ricorrenti. Non so bene da dove nasca, in quel luogo dove appunto nascono i sogni, composto a metà fra ragione e cuore.

Ma andiamo con ordine. Ciao a tutti, sono Matteo e voglio salvare il mondo.

Si, lo so. Avete letto questa frase e nella vostra testa si è materializzata l’allegra, ma non proprio sagace, immagine di una partecipante a qualche concorso di bellezza; a cui viene chiesto: “qual è il tuo sogno?”.

La risposta più smorfiosa a cui si possa pensare, perché appunto relegata al mondo dei sogni non al nostro – quello della realtà. Ma io sono circa 20 anni che non ricordo i miei sogni, perché abitano quotidianamente la mia realtà.

Non mi ricordo neanche quando per la prima volta l’ho pensato. Ero piccolo. Andavo molto in chiesa; ed adoravo Gesù che raccontava – in un periodo molto più violento e difficile del nostro – che bisogna amare il proprio prossimo come sé stessi. “L’amore non fa nessun male al prossimo”. Mi è sempre piaciuta questa frase. E nello stesso periodo, i miei occhi di bambino guardavano le immagini della guerra (il golfo, i Balcani, l’Africa) sui telegiornali, le “brutte notizie” che i miei genitori tentavano, invano, di celarmi.

Non riuscivo a capacitarmi come potesse esserci così tanto odio. Era una cosa che non riuscivo a sopportare. Che mi faceva star male fisicamente e psicologicamente. Non il dolore che paralizza però; il dolore che muove. Che ti porta a provare a fare qualcosa per cambiare questa situazione che non funziona – questa dissonanza fra sogno e realtà – e quindi salvare il mondo.

E con questo – ad un’età ancora troppo immatura – avevo già scoperto cosa volevo fare. Dovevo salvare il mondo. Ho passato il resto della mia vita ad interrogarmi sul come.

Percorrendo ogni strada che pensavo potesse condurmi al mio fine, mi sono ritrovato a visitare diverse vite.

Servire la chiesa era stato il mio primo istinto. Affascinato com’ero da quel semplice e potentissimo messaggio; ma ho scoperto presto che le parole dette non sempre rappresentano le azioni compiute.

Il secondo pensiero è andato all’Italia, la mia patria. Sotto l’influenza delle lezioni di storia sul medioevo, ero convinto di poter diventare un “grande cavaliere” e servire lo stato in questo modo. Ma ben presto realizzai che a) stavo vivendo durante un’altra epoca, b) i cavalieri erano molto più violenti di quello che pensavo.

Mi innamorai allora della Politica. Al punto di studiarla all’università e poter appendere due pergamene al muro di una casa che non ho. Risale infatti a quel periodo un’altra costante della mia vita: viaggiare – o, come direbbe mio padre “non trovare pace”. Erano gli anni dell’esplosione dei voli low-cost. Potevi andare con due spicci praticamente ovunque in Europa. Ed oltre a tentare di capire come salvare il mondo cominciai a pensare a “dove” volevo farlo. Alla ricerca di un posto che potessi chiamare casa.

Ma più studiavo la Politica (ideale – sogno) e meno mi piaceva la politica (realtà). In special modo quella del nostro paese. Così ricca di parole e così povera di significato.

E pensai di trovar fortuna in Europa, servendo l’Unione Europea. L’istituzione nata da altri sogni di altre persone di un tempo passato. Ma non si trattava del suo periodo migliore.

Erano gli anni della crisi finanziaria, del debito, della disoccupazione giovanile al 40% in Italia – così quasi per caso mi ritrovai al Cairo, durante la fase finale della cosiddetta “primavera araba” – un altro sogno di altre persone che si è infranto in un gattopardesco “tutto cambia perché nulla cambi”. Ricordo bene però la felicità della gente con cui parlavo, quei pochi che masticavano inglese, la loro prima elezione libera, la possibilità di esprimere il loro pensiero. Ma non dimenticherò mai piazza Tahrir – il gas lacrimogeno, i carri armati, i cecchini, e tutte quelle persone sdraiate su teli, immobili; mentre io, assieme ai miei compagni di viaggio di quel periodo, andavo a rinnovare il visto.

Ed una nuova vita, l’economia sembrava l’unica cosa importante in quel periodo. Non volevo essere impreparato e trovai il modo di coniugare la mia passione per l’Europa con l’economia, iscrivendomi ad un master europeo. Un anno intenso che mi ha portato in Cina, Belgio e Repubblica Ceca. Per poi trovarmi con un altra pergamena a Londra, ancora più convinto della mia missione. Ed ancora molto incerto sul come.

Londra non accetta mezze misure e, come dimostrato anche dalla Brexit, non ha molta simpatia per l’Europa. È una città dove bisogna sgomitare. Per prendere i mezzi, per guadagnarsi da vivere, ed in generale per sopravvivere. Non ho un bel ricordo di questa città, anche se ci ho passato 3 anni. Anche se mi ha portato, finalmente, a scoprire come potevo realizzare la mia vocazione.

Che però avrà bisogno di ancora svariati anni per potersi realizzare.

Anni di altre nazioni (in Bulgaria e Malta le mie esperienze più lunghe), di progetti e di paure. Di cadute e di trionfi. Come sempre nella vita.

Finalmente è il 2019, che marca l’anno in cui faccio il salto, trasformando il mio sogno in realtà.

A Londra – era il 2015 – avevo scoperto come potevo salvare il mondo: dedicando la mia passione al servizio delle organizzazioni nonprofit. Mettendo assieme le mie varie esperienze e studi avevo costruito una ricca libreria,  che in qualche modo tornava particolarmente utile in questo campo. Erano gli anni in cui cominciava ad esplodere il fenomeno delle startup o almeno gli anni in cui me ne sono reso conto. “Perché non esiste qualcosa di simile per il settore nonprofit?” è su questo pensiero che nel 2019 nascerà Impactpro.

Impactpro è la mia vocazione trasformata in professione – un’agenzia di consulenza professionale dedicata interamente a chi fa del bene. Per supportare la crescita degli enti nonprofit piccoli e medi in Europa. Per favorire lo sviluppo di un nuovo modo di intendere il nonprofit, dove sia chiara la necessità di migliorarsi costantemente, di modernizzarsi ed usare tutte le frecce a disposizione. Perché il mondo è cambiato ad una velocità incredibile. Perché non sono più gli anni 90’, perché la storia non è finita, perché nelle nostre società ci sta sempre più bisogno di umanità.

Ma ero ancora molto solo. Quando parlavo ai miei colleghi ed amici in Italia della mia idea di importare alcune pratiche del mondo profit, ed in particolare quelle delle startup, mi prendevano per pazzo.

Mi è sempre piaciuta questa citazione di Emerson, il filosofo americano, “se il singolo uomo si pianta indomabile sui propri istinti, e quivi rimane, il vasto mondo verrà intorno a lui”. Non era assolutamente mia intenzione abbandonare il mio come.

Ed ora.

Come vi dicevo, da un mese a questa parte sto vivendo il mio sogno. Grazie al programma Erasmus Per Giovani Imprenditori sto ad Atene e collaboro con HIGGS – Higher Incubator Giving Growth and Sustainability – una struttura che supporta organizzazioni nonprofit a crescere sotto il profilo organizzativo e manageriale, per migliorare il loro impatto nella società. Che poi è esattamente quello che voglio fare io.

Ora non sono più solo. Ho trovato altre persone che la pensano come me. Che mi stanno mostrando una chiara direzione da seguire. Che mi stanno insegnando come fare per creare un ente del genere. E dove ogni giorno sono felice di tutte le scelte che ho fatto, perché mi hanno portato qui.

Ora viene il bello. Un mese è passato in un lampo. Fra ricerche, analisi, interviste con lo staff e con i loro beneficiari, centinaia di migliaia di parole scritte, riunioni e affiancamenti, progettazioni e consulenze, questionari e strategie, sono pronto per le cose formali. Ossia l’essenza del mio periodo qui. Sotiris – il grande capo – e gli altri membri del team mi stanno aiutando a capire come posso replicare questa idea di un incubatore ed acceleratore di enti nonprofit in Italia. Mentre io li sto aiutando con un paio di cose – non ho avuto modo di raccontarvelo in queste poche (sic!) righe che ho scritto, ma sono un grande nerd, del tipo smanettone, fissato con la tecnologia – sto sviluppando un corso di formazione per i loro beneficiari focalizzato sugli strumenti digitali per il nonprofit; e allo stesso tempo sto supportando l’acquisizione di competenze e strumenti digitali all’interno di HIGGS.

Avrete presto mie notizie. Non smetterò di sognare e non dovreste farlo neanche voi.

 

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